Il palacium trecentesco di Cortesia Serego a Santa Sofia di Pedemonte

Giuseppe Conforti

Abstract


La diffusione a partire dal XII secolo di residenze signorili di campagna sotto forma di torri, casetorri, caseforti è argomento ancora poco indagato. Se la storiografia tradizionale fa risalire alla dominazione veneziana la diffusione delle ville venete, studi recenti anticipano al Basso Medioevo la nascita di residenze signorili di campagna con destinazione prevalentemente funzionale. Il palacium Serego di Santa Sofia di Pedemonte, residenza scaligera al tempo della Signoria, si può considerare il primo esempio di residenza signorile di campagna. Recenti lavori di restauro hanno fatto emergere preesistenze che conducono a individuare l'esistenza di un palazzo con corte prima della riedificazione cinquecentesca.

Il primo accenno documentale ad un palazzo risale al 1358, quando il bene era di proprietà del monastero benedettino di Santa Maria in Organo; in realtà la signoria scaligera estendeva le proprie facoltà su questo come su tantissimi altri beni assegnandoli a uomini di fiducia, come Giovanni di Benedetto de Venosto, (uomo di corte di Mastino II), Gidino da Sommacampagna (nominato da Cangrande II), Gregorio (figlio di Jacopo, fattore generale di Cansignorio). Al palazzo con corte si affiancava la domus gastaldionis, una chiesetta, una torre di difesa e un broilum. Nel 1381 i beni di Santa Sofia venivano concessi da Antonio della Scala a titolo perpetuo a Cortesia Serego, suo uomo d'arme e consiliarus. Una descrizione dettagliata del complesso si trova nell'atto di donazione stipulato tra il 1389 e il 1398, in cui si cita il palacium magnum e le varie adiacenze (case, stalle, colombaia, cisterna, corte, orto, torchio, chiesa). La ricorrenza dell'aggettivo magnum nella descrizione fa emergere la strategia di rappresentazione del potere nel contado da parte della signoria scaligera. La mancanza nella descrizione della possente torre di cui sono riemerse di recente le fondamenta fa pensare che già agli inizi del Trecento fosse stata demolita dagli Scaligeri per scongiurare il formarsi di poteri autonomi nelle campagne. Il palacium manca dell'attributo merlatum e va pensato come un palazzo cittadino prospiciente la via con funzioni di controllo sul transito.

L'organizzazione agraria delle possessioni ricalcava il modello curtense, con il nucleo del palazzo attorniato da un fondo dominicale di 34 campi, circondato da piccoli appezzamenti di terreno dati in affitto ai laboratores, che vivevano in case adiacenti il palazzo. Dopo la morte di Cortesia Serego (1387) l'amministrazione viene tenuta dal notaio Francesco da Meledo, sotto il quale una porzione data in affitto diventa broilo di pertinenza del signore. L'istanza della residenza come solacium a partire dalla fine del Trecento (come tale venne percepita da Palladio al tempo del suo progetto di villa per i Serego) è rafforzata non solo dal broilum ma anche dalle stalle che annoverano cavalli da corsa e da combattimento per un valore di 150 ducati. Tale dato aggiunge alla fruizione della villa l'elemento della venatio, pratica importante per la legittimazione del potere nell'ambito dell'aristocrazia cavalleresca. Per finire, è da segnalare che a partire dal 1388 la residenza dei Serego è qualificata come palatium magnum cum loziis; si tratta della più antica attestazione di loggia associata ad una residenza signorile di campagna, il cui è antecedente è ravvisabile nella loggia di Cansignorio (1364?). La corte Serego assume con la loggia la tipica conformazione a due facce del palazzo signorile tardomedievale: austero e chiuso nella faccia esterna rivolta alla strada, come segno di potere, l'altra intimistica e aperta verso l'orto e il brolo come luoghi di delizie. Lo stesso Palladio pare aver tenuto conto di questa bipolarità nel suo celebre progetto di villa Santa Sofia.


Parole chiave


Santa Sofia; Cortesia Serego; Mastino I; Mastino II; Cangrande II; Cansignorio; Santa Maria in Organo; Cagnolo Nogarola; Antonio della Scala; Palladio; Guarino Guarini; Altichiero

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