Villa Del Bene di Volargne rimodernata da Benedetto Del Bene in età illuministica (1773-1794)

Giuseppe Conforti

Abstract


Nel 1770 Benedetto Del Bene, primogenito di un'antica stirpe aristocratica con palazzo in regaste San Zeno, diventa titolare del vasto patrimonio familiare in seguito alla morte del padre Girolamo. A partire dal 1773 avvia i lavori di ristrutturazione della cinquecentesca villa a Volargne che riguardano sostanzialmente il riassetto interno degli spazi e di cui il promotore lascia una minuziosa descrizione nel Giornale di memorie, già edito da Giuseppe Biadego nel 1883 omettendo, però, tutte le notizie riguardanti la famiglia, compresi i lavori di ristrutturazione oggetto della ricerca. L'intervento di Benedetto si concentrò sulla corte del pozzo, fino a quel momento asservita all'uso rurale; nel suo intento doveva divenire spazio-cerniera tra il cortile rurale e quello dominicale. A questo scopo venne ridisegnato tutto il fronte della corte principale inserendo un poggiolo al centro e ridistribuendo le aperture per dare un aspetto più organico. I vani interni di uso rurale vennero riqualificati a uso civile ed una stanza, dotata di volta, fu adibita a cappella e consacrata nel 1778. A partire da questa data e fino al 1786, intervennero per la decorazione della cappella gli stuccatori Alberto Pozzo e Basilio Serena, nonché il pittore Marco Marcola. La grande stalla, ormai diroccata, venne suddivisa nel 1789 in tre vani destinati a magazzino, scuderia e foresteria per ospiti di rango inferiore. Il granaio a destra della torre colombaia venne portato nel 1793 all'altezza dei fabbricati sulla sinistra; il maggior spazio acquisito fu destinato alla coltivazione dei bachi da seta. Nel riassetto della villa Benedetto non perseguiva fini autocelebrativi ma una più pratica distribuzione delle funzioni che donasse alla residenza un adeguato decoro. Il piccolo giardino venne solo riorganizzato dal punto di vista idrico mantenendo la sua funzione di frutteto; nel cortile dominicale un pergolato di vigne andava a sostituire vecchie piante di alloro. Nei suoi interventi i requisiti di illuminazione, ariosità e salubrità dei locali avevano la priorità su quelli di rappresentanza. Nei sui appunti Benedetto non fa mistero di ritenere Marcola un pittore troppo approssimativo e lascia trasparire la propria predilezione per uno stile essenziale; tale propensione ha comportato la rimozione di camini cinquecenteschi troppo grandi e sfarzosi che hanno lasciato spazio a caminetti più sobri e meno invasivi. Nonostante i rapporti intrattenuti con Luigi Trezza, il conte provvide da sé ai lavori di ristrutturazione avvalendosi della consulenza dello sconosciuto Antonio Spinetti. Trezza venne invece impiegato come agrimensore per la stesura dettagliata delle mappe dei beni terrieri a Volargne e a Soave. L'approccio illuministico di Benedetto viene confermato dai contatti con Alvise I Mocenigo, allora proprietario di villa Nichesola a Ponton e di lì a poco protagonista del pioneristico progetto di sistemazione fondiaria ad Alvisopoli.

Nonostante Benedetto fosse un personaggio austero e interamente dedito agli studi di filologia, poesia ed agraria, principale destinazione d'uso della villa di Volargne, ricoprì per 40 anni la carica di segretario dell'Accademia di Pittura e Scultura, poi dell'Accademia di Agricoltura, Commercio ed Arti; fu anche bibliotecario del convento di San Zeno e promotore della biblioteca comunale.

Parole chiave


Benedetto Del Bene; Famiglia Del Bene; Villa Del Bene; Marco Marcola; Alberto Pozzo; Basilio Serena; Luigi Trezza; Domenico Paletta; Antonio Spinetti; Alvise I Mocenigo

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