Villa Saibante Monga tra Manierismo e Neoclassicismo
Abstract
Villa Saibante Monga, a San Pietro in Cariano, è stata edificata nel Seicento dalla famiglia di origine trentino-tirolese dei Saibante e costituisce un caso anomalo: presenta, infatti, una inusuale struttura ad U ed è priva di annessi adibiti al lavoro agricolo. A Nicola Saibante, potente mercante nel settore del legname, si deve lo spostamento nel corso del Quattrocento del baricentro familiare da Egna e Rovereto a Verona, dove divenne cittadino e membro del Consiglio. Le sue acquisizioni fondiarie a San Pietro in Cariano vennero ampliate dal cognato e dai suoi successori, che nel Cinquecento dovettero aver edificato una domus padronale. Furono i fratelli Andrea e Giulio Saibante a promuovere, negli anni Venti del Seicento, l'edificazione dell'attuale palazzo a partire dall'ala orientale, documentata nel 1629. La scelta del portico architravato con colonne a bugne artistiche è estraneo alla tradizione veronese e si associa al coevo palazzo Maffei di piazza Erbe a Verona, il cui disegno pare provenire da ambienti romani. L'edificio era affrescato esternamente da architetture classiche, secondo un modello che si può individuare nella vicina villa Nichesola di Ponton, affrescato da Paolo Farinati. Al piano nobile, l'ala orientale ospita un salone affrescato da Paolo Ligozzi con telamoni, fregi mitologici, allegorie dei Quattro Continenti e una sorta di giardino zoologico. Al centro delle pareti laterali campeggiano due statue di condottieri in sella ad un destriero, probabile allusione ai due fratelli committenti. Nel giardino, la grotta artificiale è sorvegliata da due gnomi, elementi nordici insoliti per quel tempo, da mettere in relazione con le radici trentino-tirolesi dei Saibante. Ai nipoti di Giulio si deve l'ampliamento della villa verso la fine del Seicento, completata entro il 1730 con l'erezione del corpo centrale e di quello occidentale, rimasto incompiuto. In base al testamento di Bailardino Saibante, del 1703, l'edificio era in fase di costruzione e il responsabile era individuato in Giovan Battista Bianchi, architetto di origine trentine noto per aver firmato villa Allegri a Cuzzano di Grezzana. La facciata era inizialmente impostata su un atrio aperto al piano nobile con tre fornici attualmente chiusi da vetrate, messa in risalto dal fastigio con lunetta al centro. Nel 1818 l'ultimo esponente dei Saibante, Giulio Ottaviano, vendette l'immobile a Pietro Monga, ricco commerciante veronese di tessuti. Il figlio Andrea, collezionista di antichità e archeologo dilettante, concentrò nella villa una collezione di reperti antichi provenienti dalla Valpolicella per creare, tramite l'acquisizione nel 1832 dell'adiacente villa Pulle, un grande giardino archeologico. Andrea procedette a lavori di ripristino della villa, abbattendo muri di recinzione che delimitavano gli spazi circostanti perseguendo la contiguità tra edifici e paesaggio naturale; il giardino geometrico adiacente alla villa venne trasformato in giardino all'inglese. Sulla facciata verso il giardino, inoltre, Andrea fece inserire un pseudopronao in stile neoclassico, il cui carattere accademico si legava agli interventi di Giuseppe Barbieri in città. Nella grande sala corrispondente spiccano gli affreschi di elegante partitura neoclassica in tinte pastello, con capricci architettonici che alludono ad antichità romane e alla ricostruzione del Teatro Romano di Verona, riportato alla luce dal committente. La collezione Monga vantava, oltre alle iscrizioni antiche studiate dal celebre epigrafista Theodor Mommsen, un migliaio di quadri metà dei quali sono passati per lascito di Bortolo al Comune di Verona e sono oggi conservati presso il Museo Civico di Castelvecchio. Nel 1954 Bortolo Monga cedette la proprietà alle suore della congregazione Pie Madri di Nigrizia, che provvidero al completamento dell'ala occidentale.
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