Villa Della Torre: l'architettura, i mostri, il tempietto. Iconografia e itinerario morale nel Cinquecento
Abstract
In contrasto con le letture di impronta laica finora avanzate circa il complesso di villa Della Torre, lo studio si propone di dimostrare l'essenza evangelica dei principi ispiratori e la presenza, all'interno delle scelte iconografiche, di un itinerario di salvazione. Tale proposito trova sostanza negli stretti rapporti dei committenti, Giulio Della Torre e i figli Francesco, Girolamo e Antonio, con un esponente di punta del riformismo religioso quale il vescovo Gian Matteo Giberti. Giulio fu in rapporti di amicizia col vescovo e fu autore di saggi religiosi di ascendenza agostiniana. Francesco fu segretario personale per diciotto anni e intrattenne rapporti con Marcantonio Flaminio, il cardinale Ercole Gonzaga e la marchesa Vittoria Colonna. Girolamo venne nominato da Giberti preposito della cattedrale, Antonio ebbe come confidente spirituale un controverso sacerdote di formazione gibertina, Vincenzo Cicogna.
Lo spazio della villa, suddiviso in tre altezze diverse, si presta ad essere letto come itinerario spirituale. Partendo dal basso, l'ingresso della grotta appare come un mostruoso essere antropomorfo, che posto in relazione col giardino antistante esprime il regno dell'abbandono sensuale e dello sviamento morale. I sette cunicoli all'interno della grotta alludono ai sette peccati capitali. Salendo al piano superiore si accede al giardino terrazzato antistante il palazzo dominicale, dove si notano diverse incongruenze (ponticello asimmetrico che devia verso sinistra, aperture del palazzo non corrispondenti ai vani, struttura labirintica degli interni) che conferiscono all'assieme il topos del palazzo incantato. L'ambiente successivo è un peristilio di ascendenza romana che sembra significare, nella trasandatezza e corruzione delle citazioni architettoniche, la caducità della gloria terrena e la dissoluzione del mondo pagano. L'itinerario prosegue nelle stanze del pianterreno nelle quali si spalancano quattro camini a mascherone il cui significato riconduce a temi spirituali. I primi due alludono ad allegorie demoniache: il leone pronto a divorare la sua preda, Satana sotto forma di angelo caduto. I secondi due indicano un disegno di salvezza: tra angeli che svegliano Cristo/Unicorno e, alla fine del percorso, Cristo/Unicorno con occhi misticamente rivolti verso l'alto. L'antagonismo Cristo/Satana è preludio alla conclusione dell'itinerario che conduce dalla civitas terrena alla Civitas Dei, rappresentata dal tempietto a cui si accede per un viale rettilineo in salita. La sua pianta ottagonale allude all'ottavo giorno, quello della Resurrezione e della vittoria di Cristo su Satana secondo il magistero paolino. Il tempietto si pone in chiara contrapposizione con la grotta, che ne condivide la pianta ottagonale: l'uso dei materiali (roccia grezza difforme versus superfici levigate) ne chiarisce il significato di contrapposizione tra forze del bene e del male, tra perdizione e salvazione.
Quanto all'attribuzione architettonica, la frequentazione da parte di Francesco Della Torre del vescovo mantovano Ercole Gonzaga, la fornitura di marmi per la cattedrale in corso di ristrutturazione da parte di Giulio Romano, architetto assai ammirato dai Della Torre, lasciano ipotizzare un coinvolgimento dello stesso per lo meno a livello di fornitura dei disegni. In conclusione le scelte iconografiche di villa Della Torre sembrano risentire dell'inquietudine che attraversava i circoli religiosi verso la metà del Cinquecento, sospesi tra spinte riformistiche e attrazioni velate verso la teologia luterana. La chiave interpretativa sembra la diffusione, nel guado tra Lutero e Controriforma, dell'insegnamento paolino-agostiniano incentrato sull'eterna lotta tra Cristo e Satana. Sembra emergere, in villa Della Torre, un intento di rifondazione iconografica che ha per finalità l'edificazione cristiana in chiara polemica con il neopaganesimo rinascimentale.
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