Ruote idrovore lungo il fiume Adige dalla Chiusa a Verona
Abstract
Lungo le riva dell’Adige, in particolare nel tratto compreso tra la Chiusa di Ceraino e Verona, si trovavano numerosi impianti idrovori a ruota che servivano ad irrigare i campi e gli orti situati a breve distanza dal fiume. Tali strutture, alte anche venti metri, sollevavano l’acqua fin oltre il piano della campagna e la trasferivano ad appositi canali sostenuti da robusti pilastri, aventi altezza decrescente man mano che ci si allontanava dalla riva.
Grazie ad indagini archivistiche, bibliografiche e iconografiche (soprattutto mappe dei secoli XVII, XVIII e XIX commissionate dai Provveditori ai Beni Inculti veneziani), a rilievi effettuati sul campo e ad alcune comparazioni si riportano indicazioni sull’origine e la diffusione di questi impianti, si descrivono gli elementi strutturali e le particolarità che li caratterizzavano, si costruisce uno schema in cui si evidenzia la loro collocazione e si fa cenno ai diritti di proprietà.
Ogni impianto disponeva di una, due, tre ruote poste in parallelo (rarissimamente quattro), con gli elementi principali fatti di legno di larice e abete. Le ruote potevano avere un diametro compreso tra gli otto e i ventuno metri ed erano sostenute da appositi basamenti. Venivano utilizzate nei mesi estivi e il flusso dell’acqua era regolato con apposite paratoie poste nel bacino di pescaggio, definito da palizzate e altre strutture. Con le ruote idrovore si poteva irrigare i terreni collocati a non molta distanza dal fiume; le campagne più lontane erano spesso rese sterili dalla siccità. Tutti gli impianti scomparvero nella prima metà del Novecento, quando vennero costruiti i grandi canali destinati all’irrigazione razionale delle campagne nonché alla produzione dell’energia elettrica.Parole chiave
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