Villa Del Bene a Volargne: storia e architettura dalle origini al Cinquecento
Abstract
La villa Del Bene a Volargne ha attraversato tra il XV e il XVI secolo varie fasi di edificazione ed abbellimento che corrisposero via via alle funzioni di casa-fondaco, residenza, sede di rappresentanza e sito di meditazione religiosa. Mancando fonti documentarie, l'analisi stilistica dei reperti più antichi (archetti ogivali e decorazioni a girali) suggeriscono una datazione tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento; si tratterebbe in tal caso della più antica casa “veneziana” del territorio veronese, ossia impostata su un androne di distribuzione e stanze angolari. La vicinanza del fiume e la struttura di casa-fondaco fanno pensare che la prima famiglia ad abitarla fosse dedita ad attività mercantili in rapporto con Venezia; potrebbe trattarsi della famiglia Malfatti, commercianti di legname con origini a Brentonico. La prima documentazione a questo riguardo è l'atto di cessione della proprietà del 1538-1539, nel quale Giacomo Antonio Malfatti vende il complesso a Giovanni Battista del Bene. L'acquisizione si inserisce nella strategia di promozione familiare perseguita dai suoi avi, che un secolo prima si erano trasferiti da Grezzana nel Roveretano e si erano distinti nel commercio di legname, tessuti, cuoio e carne. Nel 1494 Bonomo Del Bene riusciva ad ottenere la cittadinanza veronese e nel 1522 alla famiglia veniva conferito il titolo di nobiltà da Carlo V. Giovanni Battista acquistò nel 1530 un palazzo alle regaste di San Zeno, anch'esso sulla riva fluviale e dotato di approdo come la corte di Volargne, che venne riqualificata da casa-fondaco a residenza signorile di campagna, con l'aggiunta della torre colombaia, delle stalle e, soprattutto, della loggia. I locali a pian terreno adibiti a magazzini vennero dotati di camini e di soffitti voltati con lunette e peducci e furono messi a disposizione per l'ospitalità di personaggi di rilievo in transito sulla via tridentina. L'ambio loggiato al piano nobile diveniva un luogo di rappresentanza a uso della Serenissima, utilizzata dai rettori veneti per rendere omaggio ai principi di passaggio. All'esterno del palazzo dominicale, la riqualificazione si esplica nella sostituzione delle aperture ogivali con finestre architravate e balconcini balaustrati. Il decoro nobiliare fa ricorso al linguaggio architettonico sanmicheliano, con sgrammaticature che rivelano contaminazione di area trentina, come si vede nel portale d'ingresso. Il riferimento diretto va al palazzo di Felice d'Arco nel paese omonimo ed è in relazione col matrimonio tra Ettore Del Bene, nipote di Giovanni Battista, e Anna d'Arco. Tuttavia, l'assenza di insegne familiari fa pensare che un portale così imponente non volesse tanto celebrare il decoro familiare quanto incarnare la presenza sul territorio della Serenissima. Vi sono, però, ulteriori istanze iconografiche da tenere in considerazione nel portale: la piramide a gradini che culmina in un disco di pietra, con venata allusione a Dio-Sole, sembra far tesoro di concezioni neoplatoniche diffuse in ambienti vicini all'eterodossia di cui faceva parte il discusso prelato Vincenzo Cicogna, fraterno amico di Giovanni Battista Del Bene e probabile consulente dei singolari affreschi di tema apocalittico nel salone. Similmente, il mascherone barbuto nella chiave di volta andrebbe inteso come Cristo-Verbo, mediatore tra uomo e Dio.
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