Le grotte veronesi nei giardini di villa: miti, inganni e labirinti
Abstract
Similmente all'Orco del giardino Orsini di Bomarzo, anche entrando a villa Nichesola a Ponton si è accolti da un monito: «Salve. Io, l'Oblio, ti accolgo». Il benvenuto introduce a una sorta di percorso iniziatico che si snoda attraverso tre stadi: la Storia espressa nella corte porticata d'accesso, la congiunzione tra Storia e Natura nelle tre sale del Mito classico all'interno della residenza, e il ritorno alla Natura primigenia nel giardino con la grotta-ninfea. Tale struttura si compone di un portale a tutto sesto realizzato con grosse bugne, che introduce ad una volta a padiglione decorata con conchiglie e rocce che scendono sulle pareti formando un disegno a stella. Sulle porzioni di pareti ancora intonacate si intravedono i lacerti degli affreschi di Paolo Farinati raffiguranti archi rupestri e primordiali paesaggi campestri popolati da ninfe e divinità silvestri. L'impianto iconografico appare governato dal dualismo Sole/Luna, Apollo/Diana e si dipana secondo il ciclo meteorologico dell'acqua, che scende nella grotta e risale al cielo sotto forma di vapore. Nelle due cavità sul fondo erano probabilmente ospitate delle braci il cui inquietante chiarore si rifletteva nell'acqua sottostante, creando un'antinomia tra evocazione degli inferi e la Celeste Armonia richiamata dalla stella raffigurata sulla volta. La prima grotta artificiale nel veronese è quella di villa Della Torre, che però si configura come locus horridus al termine di un percorso che inizia con il ninfeo posto nella parte alta del giardino. Leon Battista Alberti è la probabile fonte per questo genere di invenzioni architettoniche. Anche in questo caso, ma in due strutture diverse e distanti, si ripropone il rapporto dialettico tra disordine ctonio e armonia. Nello stesso filone si colloca la grotta di Giardino Giusti a Verona, che inaugura lo schema di rettangolo absidato adottato a Ponton, dove la presenza degli specchi che riflettevano il giardino retrostante ribaltava la tradizionale concezione orrifica della grotta. Il rapporto di dipendenza strutturale della grotta di villa Nichesola dall'omologa del Giardino Giusti suggerisce di collocarne la realizzazione verso la fine del Cinquecento ed entro il 1595, quando Giovanni Pona visitò il giardino già ultimato. Il medesimo schema è adottato per la grotta di villa Verità a San Pietro di Lavagno, attribuita a Domenico Curtoni, e per la grotta-montagna di villa Porto-Colleoni a Thiene, risalente al 1580-1581. Le grotte di villa Nichesola e villa Verità si aprono su spazi verdi come scene teatrali fisse di antica evocazione; la concezione teatrale è comune anche al giardino dei Giusti, committenti come i Nichesola della bottega dei Farinati. La passione collezionistica, inoltre, accomunava Agostino Giusti e Cesare Nichesola, che assieme a Girolamo Verità erano membri dell'Accademia Filarmonica ed appartenevano alla fazione politica della Scala, evidenziando un complesso intreccio tra inclinazioni politiche e afflati culturali. Nel Settecento la proprietà di villa Nichesola passò ai veneziani Mocenigo, a cui si deve la ricca pavimentazione della grotta, che non trova riscontro nel veronese. Rimanendo in questo secolo non si può tralasciare, a titolo di postumo retaggio, il padiglione di stalattiti impalcato verso il 1783 da Luigi Trezza nel giardino di villa Rizzardi a Pojega.
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