Andrea Palladio in Valpolicella: la villa Serego di S. Sofia
Abstract
Villa Serego di Santa Sofia in Pedemonte pone da sempre molteplici interrogativi, sia per quanto attiene la datazione sia per l'incongruenza del disegno e della descrizione di Palladio che si presta a molteplici interpretazioni. Viene passata in rassegna la copiosa bibliografia e le ipotesi ricostruttive con l'ausilio di alcuni modelli lignei risalenti al 1973. Tali ipotesi ricostruttive vengono comparate con le tavole date alle stampe da Ottavio Bertotti Scamozzi nel 1781. Le difficoltà nell'analisi del manufatto derivano dalla scarsa consistenza del costruito e dal fatto che la tavola di Palladio presenta molte imprecisioni, illustrando la pianta e l'alzato con due orientamenti contrapposti. Non risulta, in tal modo, inequivocabile la conformazione delle due sale al piano nobile indicate in pianta e la collocazione delle due torrette segnate in alzato. A complicare la situazione sopraggiungono i disegni eseguiti da Luigi Trezza a cavallo tra Settecento e Ottocento sulla base di rilievi eseguiti in situ. La villa si colloca nel catalogo di Palladio come un caso atipico in cui il corpo padronale non accentra i volumi del complesso ma si diluisce in una sequenza di volumi aperti al loro interno. Palladio cita chiaramente gli schemi delle abitazioni greche e romane esemplificate nel trattato; ciò induce l'autore a ritenere che l'architetto fosse stato suggestionato non solo dalla lettura di Vitruvio ma anche dal viaggio a Roma del 1541. Alla fase iniziale della carriera di Palladio, concomitante con la progettazione per i Thiene del palazzo di città e della villa di Quinto vicentino, conviene dunque ancorare l'ideazione di villa di Santa Sofia. A sostegno di questa ipotesi soccorre il confronto con il bugnato di villa Pisani a Bagnolo di Lonigo e il viaggio del 1542 che lo mette in contatto con Giulio Romano, riferimento stilistico più pertinente rispetto al più scontato accostamento col genius loci di Michele Sanmicheli. Nella sezione conclusiva si pone l'interrogativo irrisolto sulle motivazioni che hanno condotto all'interruzione dei lavori e al rabberciamento del costruito per dargli una parvenza di edificio concluso; si propone l'eccessiva ambizione del progetto con protratti tempi di realizzazione che possono aver condotto ad un conflitto generazionale.
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